L’anno scorso a marzo ho presentato due domande di aggravamento: una per la monella ed una per mio suocero. Dopo “soli” 6 mesi sono arrivate le lettere con le richieste di invio della documentazione – non sia mai che li facciano andare in presenza per dar loro almeno un’occhiata veloce – così scannerizzo, metto in ordine di data ed invio tutto il “pacchetto” di esami e visite per entrambi.
Due giorni prima di Natale arriva nel cassetto utente dell’app sullo smartphone il risultato per la piccola: confermato il verbale precedente. Io e mio marito ci guardiamo negli occhi increduli e decidiamo di presentare immediatamente ricorso.
Terminate le feste arrivano finalmente anche i risultati di mio suocero. Invalidità massima, ma dell’indennità di accompagnamento, anche nel suo caso, neanche a parlarne. Prendendo il coraggio a quattro mani imbastiamo un secondo ricorso. Nel frattempo il papà di mio marito, che era ricoverato da metà dicembre, viene a mancare. La pratica viene quindi modificata e firmata dagli eredi.
In questi giorni, sorvolando sulle peripezie relative alle due visite con i due distinti CTU designati dal tribunale, abbiamo la quasi certezza di aver vinto entrambi i ricorsi. Per mio suocero ne ero quasi sicura: con quale coraggio avrebbero potuto scrivere sui verbali che comunque non stava poi così male? Per la bimba invece è stato un salto nel vuoto. L’avvocato non era assolutamente sicura dell’esito, ma le ho spiegato che eravamo comunque decisi a provare in ogni caso.
E poi è capitata una cosa sorprendente. Un mese fa avevo chiesto infatti al centro di terapia una relazione scritta per avere un po’ di documentazione recente da consegnare al CTU. In queste settimane le terapiste ci hanno chiesto di portare la bimba per somministrarle alcuni test, oltre alle ore normali di terapia, senza però dirci di cosa si trattasse. L’ho scoperto leggendo il documento stesso. Il primo era il test di Griffith che misura il livello ed il profilo di sviluppo dei bimbi sino ai 6 anni. E no, la piccola, non è in linea con l’età anagrafica. Il secondo era l’ADOS che ho richiesto da almeno due anni sia alla neuropsichiatra ASL, che all’ospedale dove andiamo per i day hospital ed infine anche appunto al centro di terapia. Finalmente è stato messo nero su bianco che la monella ha un disturbo dello spettro autistico moderato. La dirigente medica ha firmato una relazione che contiene la parola autismo! Avevo capito che fosse quello e non altro già 3 anni fa dopo le valutazioni ASL di NPI e logopedista quando mi consigliarono di richiedere subito la legge 104, ma non comprendevo il motivo per il quale nessuno osasse pronunciare “autismo” al posto di “disturbo del neurosviluppo” che da parecchio ormai mi suonava come una presa per i fondelli!
Tempo trascorso dall’aver inviato gli aggravamenti al risultato finale (ma mancano ancora le sentenze ufficiali): un anno! La disabilità ti insegna diverse cose, ma quella principale è sicuramente la pazienza!