Ebbene sì, da un paio di settimane tutta la famiglia è chiusa in casa.Ho tentato sino all’ultimo di mantenere una parvenza di normalità nonostante il corona virus e, finché sono riuscita, ho preso il bus o il treno per andare in ufficio per svolgere la mia mezza giornata. Poi però…
Le persone in autobus mi si appoggiavano addosso o si sedevano vicinissime pur di avere le chiappe sul sedile, fregandosene altamente della distanza di sicurezza. Se provavo a ricordargliela, mi guardavano come se fossi matta.
Il pubblico al lavoro continuava ad entrare, anche se in forma ridotta, e non erano ancora arrivati i divisori in plexiglass per il bancone del front office.
Una sera, al ritorno, sono rimasta mezz’ora bloccata su un treno, ovviamente bello pieno, tra una stazione e l’altra con le solite simpaticissime persone che mi venivano addosso senza ovviamente neanche mezza mascherina sui volti.
Mi sono spaventata. Molto.
Ho due figli con disabilità psichica ed un marito diabetico e cardiopatico. Devo cercare di non ammalarmi per non impestare tutti. Se a me e mio marito succede qualcosa non so che fine farebbero i ragazzi. Chi adotterebbe due persone con disabilità? Nessuno.
La mattina stessa, o quella appena successiva, in cui è stata dichiarata la pandemia ho potuto scegliere (insieme ad altre colleghe con figli ed anche nipoti, in alcuni casi) di stare a casa. Dove rimarrò sino ai primi di aprile o forse anche oltre. Sarà un modo bizzarro di trascorrere il mio compleanno tra pochi giorni, ma non sarà il primo in cui ero bloccata (quando ho compiuto 41 anni ero incintissima della monella e 4 giorni dopo lei è nata: ero talmente grossa che non riuscivo più a muovermi).
Mi sto godendo queste settimane regalate coi ragazzi, anche se ogni tanto mi fanno uscire di testa. Tenere a freno la piccola non è semplice, ma cerchiamo tutti di farla giocare durante il giorno.
Il raggio segue le lezioni online con i professori di sostegno (che tra l’altro ora non si lamentano più per il nostro essere troppo appassionati alla tecnologia, chissà come mai, mentre in classe ci sono ragazzi senza pc o senza connessione wi-fi a casa che ora sono nei casini) ed a breve forse anche qualche lezione con la classe (più per salutare i compagni che per usufruire dei contenuti).
Mi sono ricordata i racconti di mia nonna materna sulla seconda guerra mondiale (quando mi parlava dei bombardamenti, dei cibi razionati, della borsa nera). In questo caso nessuno ci chiede di combattere o ci bombarda, ma il nostro nemico ora è invisibile. Dobbiamo stare al riparo e disinfettare tutto. A parte la costrizione non è male stare coi pargoli, potrei quasi pensare di rendere la cosa definitiva. Se riusciamo ad uscirne indenni, ovvio. Se ce la faremo organizzerò un lungo viaggio tutti insieme. Se ce la faremo, ce lo saremo meritato.