Butto giù i miei pensieri sparsi nella mente in questo periodo nei ritagli di tempo tra un’attività e l’altra: mentre aspetto che il raggio esca dai 45 o dai 90 minuti di terapia cognitivo comportamentale, mentre aspetto che si asciughi il pavimento della cucina dopo aver passato lo straccio ed infine mentre sono in autobus e sto andando al lavoro.
In queste ultime settimane ho accompagnato il ragazzino a terapia al posto di mio marito che è rimasto a casa a letto con una tromboflebite. Il pargolo ed io abbiamo avuto nuovamente, come prima dell’arrivo della sorellina, l’occasione per parlare, chiacchierare e divertirci insieme durante il piccolo viaggio tra casa nostra ed il centro di terapia. Mi sono resa conto che sarebbe bello poter trascorrere molto più tempo insieme: purtroppo finché la monella non andrà alla scuola materna per me è quasi impossibile richiedere un cambio di turno. Mi piacerebbe comunque far provare al raggio qualche attività sportiva, ma lavorando a turni opposti a quelli di mio marito per gestire entrambi i bimbi per cavarcela senza i nonni, ho cercato quindi una soluzione alternativa: ho richiesto il contributo per la non autosufficienza della Regione Liguria per vedere se riusciamo ad assumere una baby sitter o un educatore per affiancarci ed aiutarci. Potrei mettere in regola una persona utilizzando la sua indennità di accompagnamento, ma così facendo gli svuoterei pian piano il libretto…
In queste settimane ho approfittato di tutte le occasioni che mi sono capitate per staccare il raggio dal suo adorato computer: fare la spesa, prendere un caffè coi nonni, venire con me a scegliersi un paio di scarpe nuove… In passato non avrei forse insistito troppo, ma mi sto accorgendo che passare più tempo con me e suo papà gli sta facendo bene.
In questi ultimi mesi credo di stare attraversando un periodo di dolorosa consapevolezza. Mi sto rendendo conto che, anche se con mio marito abbiamo fatto fuoco e fiamme col provveditorato per avere la copertura quasi totale dell’orario scolastico del ragazzino, tantissime ore di lezione vengono utilizzate, non per tentare di fargli seguire lo stesso programma dei compagni, ma per farlo disegnare o spiegargli per esempio i soldi ed i resti, oppure per svolgere un programma super semplificato. L’amarezza è tanta, ma sto provando ad autoconvincermi che il programma differenziato, quando frequenterà il liceo, sarà il migliore per lui. A me però continua a non sembrare così grave come invece richiederebbe questo micro programma che gli fanno seguire. E continuo quindi a domandarmi se sono io che non l’ho seguito abbastanza negli anni scolastici precedenti oppure se non sono ancora riuscita ad accettare il fatto che non abbia effettivamente lo stesso livello intellettivo dei suoi compagni di classe…
Ultimamente mi sto anche domandando se un’altra terapia, privata come per esempio Aba o Feuerstein, avrebbe potuto incidere maggiormente sul suo livello cognitivo.
Quello che è certo è che dobbiamo lavorare tutti insieme come famiglia per insegnargli le abilità sociali, per fargli capire cos’è socialmente accettabile e cosa no: insomma dobbiamo rendere il raggio il più possibile in grado di badare a se stesso da adulto.