Ogni volta che ricevo una telefonata da altri genitori che si ritrovano con una diagnosi di agenesia o ipoplasia del corpo calloso corro con la mente a sei anni fa, quando anche noi avevamo la belvetta che si muoveva nel pancione di cinque mesi e la possibilità che nascesse con problemi.
Mio marito dice che ogni volta che mi sente raccontare nuovamente la nostra esperienza o tentare di dare consigli, rivive come me quel periodo nella sua mente.
Sono passati sei anni: duri, aspri, in salita, ma pieni di scoperte, soddisfazioni, affetto.
Da allora stiamo cercando una porticina nella testa di nostro figlio che ci permetta di capire con che occhi vede il mondo e come percepisce sentimenti ed emozioni.
Tra pochi giorni il pargolo terminerà l’asilo ed a settembre cominceremo le elementari.
Molti lo scambiano per un bambino più grande vista la sua ragguardevole altezza (mi arriva sotto al seno ed io sono quasi 170 cm) ma poi rimangono piuttosto sorpresi delle sue frasi semplici ed ingarbugliate allo stesso tempo.
Sono mesi che mi chiedo se ho scelto bene la scuola, se si placherà almeno un po’ il suo argento vivo, se si troverà bene con l’insegnante che dovrebbe accompagnare lui e la classe per 5 anni…
In questo ha ragione il team del nucleo adozioni che ci ha stilato la relazione da presentare al giudice onorario: io sono entrata nella forma mentis della mamma di bambino disabile (neanche fosse un crimine!).
Non potrebbe essere altrimenti: il raggio è figlio unico e grazie/a causa della sua ACC il mio modo di vedere le cose, di vivere la vita e la mia scala di valori sono radicalmente cambiati.
Il mese scorso (portando in valigia antibiotico, Tachipirina e Nurofen) ci siamo concessi una piccola follia: una mini crociera di 3 giorni a Barcellona e Marsiglia.
Mettendo in conto figure di cacca dovute agli sbalzi d’umore ed alle reazioni a volte eccessive del raggio lo abbiamo portato con noi nelle varie escursioni osando persino ordinare il pranzo in un ristorante francese (proprio non che sappiamo una parola della lingua!).
Vi lascio con una frase che ho letto appunto nel ristorante del santuario di Notre Dame De la Garde a Marsiglia e che mi ha colpita parecchio:
Dio ci ha donato il giorno per essere al servizio del prossimo e la notte per conversare con Lui.
(Jean De Brébeuf)
Partenza |
Barcellona, La Rambla |