Asilo nido

M. andrà all’asilo nido.
Non so ancora bene quando e dove (devo capire come siamo arrivati in graduatoria e dove si libererà prima un posto tra i due asili che ho scelto), ma alla fine mi sono mezzo lasciata convincere dallo psicomotricista.
Insieme agli altri bimbi si divertirà di sicuro più che con me e suo papà a casa ma a me sta prendendo un attacco da “mamma chioccia”! Il tempo pieno mi fa venire una goccia di panico, sarei più per la mattinata solamente… Vedremo un pochino.

Il cariotipo o mappa genetica (Ho visto cose che voi umani non potreste immaginare…)

Oggi finalmente dopo 3 mesi da quando l’ho prenotati, con mio marito ci siamo sottoposti al prelievo per l’analisi del cariotipo.

Il cariotipo (o mappa genetica) è un esame del sangue che serve per determinare se ci sono anomalie genetiche. Nel nostro caso ci è stato consigliato nel caso in cui un domani volessimo avere una altro bimbo, per essere sicuri di non avere qualche disordine cromosomico.

Purtroppo per me la segreteria di genetica è vicinissima al reparto di medicina perinatale dove hanno diagnosticato l’ACC a M. e dove mi sono sottoposta due anni fa all’amniocentesi d’urgenza. Non pensavo che il ricordo in me fosse ancora così vivido, anche a distanza di due anni e più.

R. ed io siamo arrivati mezz’ora prima dell’appuntamento per poter andare comodamente in segreteria a pagare l’esame. Purtroppo per noi mezz’ora non è nemmeno bastata… perché come tutte le altre volte negli anni scorsi le segretarie tra una persona e l’altra telefonano, parlano tra loro, escono e se tu provi ad entrare bussando come ha fatto mio marito dopo un bel po’ di tempo di attesa in corridoio ti chiedono strabuzzando gli occhi cosa stai facendo.

Alla fine, quando  le due impiegate hanno terminato di farsi i fatti loro (una è anche andata via), siamo potuti entrare.

A questo punto però sono capitati due altri episodi che mi hanno fatta incazzare come un riccio.

Prima cosa: a pochi metri da noi è stata posizionata un’altra coppia che stava avendo un colloquio con un medico che spiegava loro tutti i problemi che aveva riscontrato negli esami (Evviva la privacy! Sia la loro che la nostra…).

Seconda cosa:  quando ci è stato chiesto il motivo per cui ci volevamo sottoporre all’esame e ho spiegato mio malgrado mentre tutti sentivano che nostro figlio ha l’agenesia del corpo calloso la tipa in questione non ha capito. Ho  ripetuto allora la diagnosi. Nulla. Con molta delicatezza ho spiegato allora che gli manca una parte del cervello e cioè appunto il corpo calloso mentre questa diceva :”Scrivo callosità?” (Forse ha capito che ho i calli nei piedi, mah…), “Ma è presunta o sicura?” (Secondo te?).

Meno male che in questi due anni ho imparato ad assumere un’aria sicura e spavalda quando parlo dell’agenesia, ma soprattutto ho imparato a non vergognarmi quando cala il gelo mentre spiego solitamente di cosa si tratta.

Per il resto tutto è volato via abbastanza velocemente: il colloquio con la genetista ( il terzo per noi in questi anni, con le stesse identiche domande degli altri due: quello prima del bitest e quello prima dell’amniocentesi) ed il prelievo.

La dottoressa ha detto che comunque, essendo risultata giusta l’amnio di nostro figlio a suo tempo, potevamo evitare di fare il cariotipo perché sicuramente risulterà normale. Sarà, ma comunque… dirlo prima no, eh?

Baby blues, la mia esperienza

Immagine presa su Internet

 

I film in tv e le pubblicità ci hanno forse abituati ad un’immagine di famiglia un po’ distante dalla realtà. Madri che cucinano, lavano i pavimenti e stirano, vestite come ad una sfilata di moda coi capelli perfettamente in piega. Se prendiamo un qualsiasi spot di pannolini per bambini poi, vediamo solo bimbi angelici e sorridenti.

 

Peccato che poi invece la realtà sia un po’ differente!

 

In questi giorni un fatto di cronaca accaduto vicino a dove abitiamo (che per delicatezza preferisco non citare) mi ha fatto riflettere sul periodo delicatissimo che è quello in cui mamma e bambino vengono dimessi dall’ospedale ed imparano a conoscersi e ad interagire tra loro. E’ il momento più importante, secondo me, quasi più importante dell’intera gravidanza.

 

A volte capita che la mamma si senta un po’ giù di morale, pianga e sia un po’ stressata ma si può arrivare ad uno stato depressivo serio.

 

A me è capitato di star male psicologicamente, dopo la nascita di M., ho iniziato a riprendermi quando aveva circa 6 mesi . Voi che state leggendo queste righe potreste controbattere che avevo tutti i motivi per crollare, ma ho avuto modo di constatare personalmente che il baby blues, ma anche la depressione vera e propria colpisce anche mamme di bambini sanissimi.

 

Il crollo degli ormoni dopo il parto unito secondo me al fatto di dover imparare a fare i conti con una nuova realtà e di non riuscire a dormire bene (i neonati si svegliano nella maggior parte dei casi ogni 2 o 3 ore per poppare), provoca alla mamma uno stato di sconforto.
A questo punto è fondamentale avere qualcuno accanto (compagno, marito, genitore amica ecc…) che ci comprende e ci fa sentire che capisce che siamo in difficoltà. Per è stato fondamentale mio marito che, quando M. aveva pochi mesi, mi ha pian piano convinta ed aiutata a reagire. E’ anche utile avere una persona a cui delegare le faccende di casa più pesanti, almeno i primi tempi.

 

Dobbiamo arrenderci al fatto che noi siamo mamme reali, non da film. Se non laviamo i pavimenti 2 volte al giorno perché il piccolo ha le coliche o se non abbiamo passato la cera perché abbiamo portato il pargolo a spasso in passeggino al parco non morirà nessuno.

 

Mi premeva scrivere questo perché molte neo mamme non confesserebbero mai il loro malessere, ma questo le porta a stare ancora più male e a sentirsi sempre più sole.

 

A fare la mamma si impara giorno per giorno, come si impara qualunque altra cosa nel corso della vita. Si sbaglia, si cade, ci si rialza e si va avanti.